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History

LE ORIGINI

Il gruppo si formò a Bologna verso la metà del 1979 in concomitanza all'esplodere del fenomeno Bologna Rock e della scena musicale bolognese. A quel tempo a Bologna i dischi si compravano al Disco D’Oro, ci si trovava all’Osteria Dell’Orsa, in Piazza Verdi potevi incrociare Andrea Pazienza. Il primo nucleo della band nacque da un gruppo di dieci persone, sei delle quali avrebbero avuto ruoli musicali e quattro ruoli di supporto tecnico, logistico, di marketing e/o pubbliche relazioni. L'età media non raggiungeva i 18 anni. I sei musicisti, Gianni Capra, 19 anni (chitarra, basso, voce, synt), Marco Tubertini, 20 anni (synt e tastiere), Steve Paselli (voce, basso, chitarra, synt, voce), 15 anni, Catello “Lino” Di Carlo, 17 anni (batteria, basso, synt), Riccardo Rinaldi, 16 anni (chitarra, basso, synt, voce), Sandro Palmieri, 15 anni (voce), erano fortemente influenzati dal mood punk tipico di quegli anni, da band come Sex Pistols, Clash, i primi Police, i Ramones.

Fu allestita una sala prove in un garage che diventò la centrale operativa della band, si preparò una scaletta, si registrarono demo su cassetta, la band cominciò a suonare in giro. Fu ideato un sistema di allarme mortalmente efficace (alcuni microswitch nella porta basculante che davano tensione a un microfono piazzato davanti ad un amplificatore col volume al massimo).

  • Avevamo installato dei grossi lucchetti e questo sistema di allarme autocostruito, che si disattivava mediante un interruttore posto nelle cantine. Io ero spessissimo in sala prove ed una volta che non avevo con me le chiavi delle cantine sollevai comunque la porta basculante immaginando di lanciarmi rapidamente verso l’interruttore: in realtà furono i dieci secondi più brutti della mia vita, perché l’intensità del fischio lancinante mi lasciò come paralizzato per alcuni secondi prima di trovare la forza di spegnere... (Steve)

Il nome venne scelto in parte come riferimento alla rivista francese di fumetti underground “Mètal Hurlant”, il fatto che richiamasse “Ultravox” (uno dei gruppi ispiratori della formazione) fu visto come positivo, ed era anche un riferimento all’uso delle voci filtrate e del vocoder caratteristici della band. Un pomeriggio il gruppo compì l’inevitabile rituale consistente nel decorare i rispettivi giubbotti di pelle nera con il logo del gruppo, usando una maschera di cartoncino e bombolette spray di vernice bianca.

LA BAND

Le prime esibizioni live furono fatte con la formazione a sei, con Riccardo e Sandro alle voci, a poche settimane dalla nascita della band (Bologna San Donnino, poi Bologna Piazza San Michele, poi Bologna Piazza Maggiore). In seguito ne sarebbero arrivate molte altre (vedesi la sezione “concerti”) con la formazione a quattro ed alcune con la formazione a tre (in occasione del servizio militare del batterista).

  • A San Donnino suonammo per la prima volta in pubblico, su una pedana nel parco, fu piuttosto divertente. Tra il pubblico c’era anche il signor Medardo, il mio droghiere, che - incredibilmente - rimase favorevolmente impressionato. Riguardo il concerto in Piazza Maggiore ricordo che uscii da scuola, fiondai lo zainetto sotto il palco e salii a fare il soundcheck: pochi giorni prima sullo stesso palco avevano suonato i Clash, come annunciatore c’era Michel Pergolani, perchè era tutto trasmesso dalla RAI, fu molto divertente suonare davanti ai compagni di scuola. Il più “strano” era Lino (Catello Di Carlo, il batterista, ndr) perché aveva ancora i capelli lunghi e biondi e contrastava parecchio con noi punkettari... ma per fortuna se li tagliò subito dopo. Ci pagarono perfino: era un’inezia, ma fu una soddisfazione (Steve)
  • Il fatto è che Piazza Maggiore era piena, non era un concerto solo dei Metalvox, ma una kermesse tutta dedicata al “Bologna Rock”... quante ragazze che venivano a farsi le foto vicino a noi!!! Ovviamente non c’erano i selfie ;) Anch’io avevo i capelli lunghi, ma subito dopo, e molto volentieri, me li feci tagliare quasi a zero (Gianni)

Dopo aver cercato un accordo con Fonoprint, il gruppo approdò alla Italian Records, subito dopo un cambio di formazione. Riccardo “Ricky” Rinaldi (Ohm Guru) e Sandro “Fucky” Palmieri diedero vita, assieme ad altri amici, a un progetto che soddisfaceva maggiormente le loro influenze punk (Noise Area), mentre gli altri quattro si dirigevano decisamente verso la nascente new wave, sull’onda di nuove band come i Cure, i Joy Division (ai quali i Metalvox vennero spesso avvicinati), i Bauhaus, i Talking Heads, gli Ultravox, i Depeche Mode, i Tuxedomoon, ma soprattutto i DEVO.

Marco Tubertini al tempo vendeva registratori di cassa, Gianni Capra faceva il tornitore in fabbrica, Steve Paselli lasciò la scuola per dedicarsi alla band, Catello Di Carlo continuava la sua attività di disegnatore meccanico.

  • Dato l’insperato quanto inatteso successo di pubblico,la band aveva deciso di non esibirsi mai più gratis (e così fece). Infatti, pur non volendo mancare ad una manifestazione collettiva all’Istituto Aldini Valeriani di Bologna, arrivato il suo turno, la band mise un Revox a centro palco e i 4 musicisti incrociarono le braccia, facendo scena muta, ovvero facendo suonare solo il Revox, come atto di protesta, perchè per partecipare a tale manifestazione, non c’era nemmeno un rimborso spese. (Gianni)

Grazie all’ottimo rapporto che la band aveva con alcuni negozi di strumenti musicali di Bologna, i quattro riuscirono ad entrare in possesso di una strumentazione di tutto rispetto: una collezione di synt monofonici semimodulari Korg MS10, MS20, MS50, perfino un Roland System 100 (2 synt mono, mixer con un meraviglioso riverbero a molla e un sequencer a 16 passi di intonazione piuttosto instabile...), un Korg SQ10 (un altro sequencer analogico), Korg VC10 (vocoder), un MS-03 “Signal Processor” (o “pitch to voltage converter”, che fu usato in molti modi impropri), una tastiera violini Logan, una bellissima tastiera Roland VP-330 (archi, cori e vocoder), un bizzarro e pesantissimo basso elettrico SD-Curlee, una splendida Fender Stratocaster, effetti e batterie elettroniche BOSS e Roland (TR808, TR606, la famosa bass line TB03...), una fiammante batteria Ludwig, una percussione elettronica Synare, microfoni AKG D-210 e D-330, amplificatori Montarbo, spie Tekson…

  • A quel tempo i synt non avevano memorie, dovevi in effetti costruire e ri-costruire un solo suono per volta, ogni singola volta... Marco (Tubertini, tastierista, ndr) si fece i capelli biondi a spazzola, ed il suo aspetto serio e teutonico mentre stava pressoché immobile dietro una montagna di sintetizzatori era davvero impressionante. Però tra un pezzo e l’altro le sue mani dovevano muoversi velocissime per ricablare il suono necessario per il brano successivo... perfino Lino (Catello Di Carlo, il batterista, ndr) doveva programmare ogni volta il suo Synare. Non erano tempi facili per chi faceva musica elettronica (Steve)
  • ... era una sofferenza terribile arrivare, magari faticosamente, magari per puro caso, ad un suono bellissimo, e non sapere come ritrovarlo. Creammo quindi degli schemi fotocopiati sui quali andavamo a disegnare con pennarelli colorati le regolazioni delle varie manopole e dei patch cable. Alcuni originali di questi settaggi sono stati conservati. (Gianni)

Nel corso di interminabili serate di studio Gianni e Steve diventarono alquanto esperti nell’uso di quelle antiche diavolerie elettroniche: la sintesi sottrattiva analogica era un modo per ottenere i suoni che il gruppo desiderava, e cominciarono le sperimentazioni.

  • Spesso facevo trovare agli altri membri del gruppo l’intera sala prove ricablata in modo da ottenere UN particolare suono o effetto: quelli si complimentavano e mi dicevano “Bravo, bellissimo, ma adesso rimetti tutto come prima!”... (Steve)

I 4 membri della band erano e sono polistrumentisti e compositori: Capra, Paselli e Di Carlo componevano i brani mentre gli autori dei testi erano Capra e Paselli. Sul palco si scambiavano spesso gli strumenti, una particolarità che colpì molti tra il pubblico. Si presentavano spesso vestiti tutti e quattro allo stesso modo, come fosse una divisa.

  • Ci presentavamo con quattro strani giubbottoni tutti uguali, con le aperture a strappo in Velcro, oppure portavamo certe camicie alla coreana senza colletto, io e Gianni (Gianni Capra, il chitarrista, ndr) ci tagliammo i capelli cortissimi e li tingemmo uno di nero e l’altro biondo, mentre Marco (Marco Tubertini, il tastierista, ndr) si fece biondissimo, a spazzola, generando un bel po’ di trambusto fra i suoi colleghi di lavoro... (Steve)
  • .. si trattava di vere divise. E i quattro giubbottoni identici vennero usati anche per... fare rumours, infatti, appena comprati, la band fece una passeggiata sotto i portici più affollati di Bologna, suscitando ovviamente curiosità. Comunque, la prima divisa consisteva in camicia e pantaloni neri, maglietta bianca, la seconda esattamente il contrario, la terza, camicia verde militare con colletto coreano e pantaloni neri, la quarta, camicia iridescente viola-lilla-rosso con colletto coreano e pantaloni rosso fuoco... A volte ci cambiavamo d’abito durante la proiezione delle diapositive fra il primo ed il secondo tempo del concerto. (Gianni)

Con la Italian Records, sotto la direzione di Oderso Rubini, la band partecipò ad una compilation intitolata “Ref.907” assieme agli Absurdo, ai Kerosene, agli Ipnotico Tango ed agli Eurotunes, pubblicando i brani "Future", "TV Hero" e "Infinite". Il primo ha un taglio distopico, il secondo è una precisa critica sociale ed il terzo è un brano completamente sperimentale, con i suoi inquietanti sintetizzatori in perenne glissato su cui si innesta un basso funk.

“Ref.907” venne in seguito ristampata in maniera irregolare (cioè non riconoscendo i diritti alla Italian Records) in Francia, in Germania ed in Australia; la compilation venne anche ristampata in Italia, stavolta in maniera regolare, due volte, tra cui l’ultima in versione “Deluxe” comprendente anche un CD oltre al vinile.

Il gruppo continuò ad esibirsi in concerti totalmente autogestiti: per il concerto di Cagliari si viaggiò su un furgoncino Panorama pieno come un uovo e a quella data partecipò anche Barbara Korompay come corista (al padre di Barbara, con la sua incredibile Citroen DS, si deve il primo contatto della band con un computer, un Commodore PET). A Brescia nel 1981 la band fece l’apertura del concerto di Snakefinger, sotto un grande tendone in una giornata piovosa, ed ebbe un ottimo successo di pubblico.

  • La band di Snakefinger aveva delle bizzarre chitarre Peavey che in Europa non si erano mai viste, che ribattezzammo “stranocaster”. Durante il concerto tra il pubblico si sentì il grido “Metalvox! Bologna!” che ci lasciò increduli: chi diavolo ci conosceva a Brescia?! Il viaggio in Sardegna fu mitico, c’era bel tempo e facemmo la traversata sul ponte deserto ballando i Cure sotto il vento caldo del Tirreno, dopo un tramonto spettacolare. A volte usavamo anche sul palco oggetti impropri, come il campanello di casa “elettronico” di Catello. C’era un brano, “Progress”, in cui dovevo fare in continuazione un glissato discendente col basso, su ogni levare per tutto il brano; l’effetto era carino ma terribile per le mie dita, che a fine brano solitamente sanguinavano... (Steve)
  • La band di Snakefinger, che per noi rappresentava una rock star, dato che collaborava con band di culto della West Coast, come i Tuxedomoon ed i Residents, si è comportata con estrema gentilezza nei nostri riguardi, ad esempio lasciandoci gestire con calma il nostro sound-check (eravamo al Palazzetto dello Sport di Brescia, quindi un ambiente molto più grande rispetto a quelli a cui eravamo abituati, salvo il cinema Pirri di Cagliari), non ci mise fretta, anche per l’esibizione, anzi, furono davvero tutti molto gentili, e la cosa mi colpì molto, anche se sentirsi riconosciuti dal pubblico fu davvero l’emozione più forte. Snakefinger, lo stesso mese (Aprile 1981) si esibì anche all’Aleph di Gabicce, a mio parere il locale più eccitante e più alternativo in assoluto, all’epoca. All’Aleph, nel novembre dello stesso anno, io feci il fonico di palco per James White and the Blacks; James White è uno dei nomi d’arte di James Siegfried, molto più noto come James Chance, che creò band come Teenage Jesus and the Jerks, James Chance and the Contortions, santone del movimento No Wave, fu fantastico... (Gianni)

Il gruppo produceva tutto in proprio, grafica e foto, ed anche i manifesti, che venivano disegnati da Gianni e Steve, come gli adesivi. Furono adottate soluzioni insolite, come i supporti delle tastiere fatti usando cassette di plastica per bottiglie di acqua minerale poste dietro a pannelli di truciolato dipinti con la grafica del gruppo. Spesso nei concerti era presente un proiettore per diapositive, che venivano proiettate sui musicisti o su un bellissimo ed enorme schermo “da cinema” che la band aveva acquistato.

  • Una estate portammo tutta l’attrezzatura presso un antico mulino ad acqua nei pressi di Monterenzio, che la mia famiglia aveva affittato per trascorrervi ferie e weekend; montammo tutto sulla riva del fiume e provammo la scaletta all’aperto. Il punto in cui avevamo allestito il palco era visibile da un cavalcavia, su cui si fermò una corriera di curiosi... stupiti nel vedere quattro extraterrestri new wave con gli occhialetti neri a fascia suonare rock elettronico per le ranocchie del fiume! (Steve)

Il vecchio furgone Mercedes arancione della band, che in precedenza era appartenuto ad un gruppo di liscio, era arredato con sedili - presto rimossi - ed utili tendine ai finestrini, e veniva usato anche per le frequentazioni “danzerecce” della band: accompagnava spesso la band allo Small di Pieve di Cento - ai tempi in cui Red Ronnie faceva ancora il DJ, una sala storica che ospitò anche due concerti della band - o al Punto Club di Vignola, altra famosa “discoteca rock”.

  • Quando suonammo la seconda volta al Tenax di Firenze, la sera prima si erano esibiti i Bauhaus. La scena che trovammo nei camerini era incredibile: c’erano almeno qualche centinaio di lumini da cimitero, spenti, sparsi ovunque, c’era cera :-) dappertutto. Purtroppo non avevamo una macchina fotografica... (Gianni)

Poi venne acquistato un FIAT 242 usato, col motore nuovo fiammante e le balestre rinforzate, decisamente più adatto a trasportare l’attrezzatura. Nel vano di carico stazionò per un certo tempo un provvidenziale materasso.

  • Il nostro bellissimo furgone rosso era piuttosto rumoroso: per tentare di isolare acusticamente l’abitacolo rivestimmo di lana di roccia il pannello fra cabina e motore: funzionava benissimo, finché non prese fuoco... ci inventammo anche un semplice antifurto: per poter azionare il motore occorreva agire su dodici interruttori montati in una posizione “a prova di ladro”, per un totale di 4096 combinazioni: anche questo funzionava benissimo, finché lo stagno che avevamo usato per le saldature non si sciolse... tante belle idee e nessuna esperienza (Steve)

Gianni dovette rinunciare all’appartamento in cui viveva e la sala prove si spostò nelle famosissime cantine di San Vitale, dove provavano anche altri gruppi del Bologna Rock.

Purtroppo questa scelta scelta si dimostrò rovinosa, perchè, dopo alcuni mesi, venne sfondata la porta d’ingresso (che era chiusa da una quantità incredibile di lucchetti) spaccando il muro attorno ad essa, e la band si vide derubata di praticamente tutti i suoi amati e sudati strumenti.

La Italian Records, pur dolendosi della peculiarità dei Metalvox di scrivere e cantare in inglese a differenza di altre band che proponevano brani in italiano (Windopen, Luti Chroma, Skiantos, Gaznevada, ed anche i primi Righeira), investì sulla band producendo il primo album, nel 1982, registrato su un otto tracce negli studi Harpo’s Bazaar di via San Felice a Bologna, al mixer Stefano Barnaba, e missato nel prestigioso studio di Junior Magli sulle colline sopra Imola, con la produzione a cura del parimenti costosissimo fonico Massimo Costa.

  • L’esperienza di incidere i nostri brani su otto tracce fu illuminante (alcuni brani assunsero la loro forma completa in quel’occasione) ma non priva di inconvenienti: ad esempio perdemmo una mattinata per risolvere un problema di improvviso ronzio su un canale; il lavoro con Stefano Barnaba andò molto bene, ricordo solo un po’ di sconcerto quando Stefano, per lavorare più comodo (era estate...) si tolse le scarpe in studio... in quel periodo avevo trovato una occupazione temporanea vendendo gelati in Stazione Centrale: dopo otto ore di urla “GEEELATI! ICE CREAM!” (o meglio “I SCREAM”!) andavo in studio per fare le voci; quando ho esaminato le tracce digitali ricavate dal nastro ho visto tutti i danni alle corde vocali (Steve)

Dopo questo davvero consistente investimento, Italian Records decise però di non stampare l’album, “per il momento”, a causa dell’esaurimento del budget previsto.

Il master dell’album venne conservato in un magazzino della Italian Records che dopo alcuni mesi fu colpito da un allagamento, causando la perdita del master e di altro materiale.

  • In seguito, assieme ad Ignazio Orlando, ritentammo senza successo un approccio in Fonoprint, facendo ascoltare al titolare alcune produzioni realizzate con un uso particolarissimo del vocoder Roland, ed il commento finale fu “molto interessanti, ma troppo strane… non c’è mercato” (Gianni)

La sala prove/quartier generale traslocò in un nuovo garage, posto due piani sotto terra in zona Massarenti (Bologna). Secondo trasloco, terza sala prove.

  • Il garage in Massarenti era un ambiente nuovissimo, freddo e futuristico: due piani sotto terra, le campane della vicina chiesa arrivavano come una risonanza lontana ed inquietante. Il garage fu insonorizzato con un ingegnoso sistema a base di lana di vetro (una soluzione piuttosto tossica, a ripensarci) e pannelli di polistirolo con listelli di legno ad incastro tra pavimento e soffitto. In quel garage in pratica abitarono per alcuni mesi Gianni e la sua compagna, perché erano tempi duri. Là sotto ospitammo anche una troupe di RAI3 per un documentario sulla scena bolognese (Steve)
  • RAI3 fece un video tutto su di noi di circa 4 minuti, sul brano “Where’s Love”. Venne trasmesso qualche volta, appunto su RAI3, ma parrebbe non esservi modo di recuperarlo (Gianni)

Era il 1982, e nonostante l’assenza per servizio militare del batterista Catello Di Carlo, i Metalvox proseguirono l’attività live usando suoni di batteria elettronica, ma nella seconda metà dell’anno, per il precedente furto subìto, ed il conseguente indebitamento per il riacquisto della strumentazione, la leva di Catello, la rottura definitiva del furgone, il gruppo si sciolse.

 

40 ANNI DOPO

 

Non pochi tra i “colleghi” dell’epoca riuscirono a proseguire l’attività musicale dopo la defaillance della Italian Records, come Riccardo Rinaldi (tutt’ora in attività come Ohm Guru), che dopo l’esperienza con i Noise Area dette vita ad altre formazioni fra cui gli Aeroplanitaliani che parteciparono anche al Festival di Sanremo, oppure Patelli dei Luti Chroma, che continuò l’attività collaborando anche con Gianni Morandi, Luca Carboni, Jovanotti, Paola Turci, Barbara Cola, il grande Jimmi Villotti si dedicò a importanti colonne sonore per il cinema ed alla sua carriera solista; ancora dai Luti Chroma c’è Ignazio Orlando che, dopo un breve periodo di collaborazione  con i Metalvox, partecipò ad importanti iniziative, la più nota con i CCCP, ed è in ancora in attività. Nei Luti Chroma originari c’era anche Gaetano Curreri, che dette vita agli Stadio, e Leo Ghezzi, più noto come “Leo Tormento Pestoduro”, il batterista storico degli Skiantos. Il primo tecnico audio dei Metalvox, Andrea “Bobo” Amadei, iniziò la carriera che lo ha portato a diventare un lighting designer molto conosciuto.

In seguito Steve Paselli e Catello Di Carlo parteciparono separatamente a varie formazioni, mentre Gianni Capra e Marco Tubertini abbandonarono completamente l’attività musicale fino al 2016, quando Gianni si ritrovò con Steve e, assieme a Simone Grassi, diedero vita a parecchi progetti musicali come Qoobits, Malasarta, Dreamerland, Qui et Ora e Bitmachine.

 

  • Io continuai a suonare in giro, senza velleità professionali. Feci parte per alcuni mesi di un gruppo funk che si chiamava “Drop Out”, che incise pure un brano in uno studio in cui purtroppo il fonico - di cui non farò il nome - ci “bucò” la traccia di sincronismo, obbligandoci a tenere come definitiva una traccia provvisoria di batteria elettronica Oberheim... Poi conobbi Gianni Bolelli (un chitarrista hendrixiano, fu il primo chitarrista degli Skiantos) e Stefano Sarti (un bassista alquanto fantasioso, anch’egli ex Skiantos). Incidevamo su un Tascam 244 (un quattro tracce a cassetta), in un sabato pomeriggio-sera riuscivamo a comporre ex novo e registrare un intero brano; questa abitudine andò avanti per parecchi anni, suonammo anche in giro un paio di volte. Poi al gruppo si unì Massimo Facchini (batteria e tastiere) e Giuseppe “Pino” Mainieri (tastiere) e formammo i Sentimental, che girarono anche un video autoprodotto, in VHS. Per poco più di un mese aiutai perfino un gruppo bluegrass, poi (per fortuna...) tornò il loro bassista storico. Comprai un basso fretless customizzato da un amico. In tempi più recenti entrai in un gruppo Rock che inizialmente si chiamava “Lyrics”, dopo vari cambi di formazione registrammo un CD autoprodotto con il nome “mu”; il gruppo esiste ancora (Davide Barbieri alla batteria, Marco Mingardi alla chitarra, io al basso elettrico) ma non produce nulla, in pratica è un gruppo di amici (da anni siamo in versione “power trio” - o “POVER trio” se vogliamo: chitarra, basso e batteria). A casa continuai a comporre, prima usando Cubase su un Power Macintosh G3, poi Apple GarageBand su un iMac G4, infine Logic Pro che uso ancora oggi: quei brani ora sono pubblicati come “Dreamerland”. Dopo lo scioglimento della band iniziai a lavorare come tecnico hardware e software in ambiente Apple, per varie aziende ed anche come libero professionista (Steve)

 

Accadde poi che Steve arrangiò un brano basato su di un riff composto 40 anni prima e lo mandò a Gianni, che gli propose quindi di riavviare l'attività musicale. Si decise così di completare l'allestimento del project studio che Gianni aveva creato e nacquero diversi progetti musicali, alcuni con la partecipazione di Simone Grassi (voce, chitarra, tastiere).

 

Agli inizi del 2020 Gianni e Steve ricevettero un invito alla festa di compleanno del tastierista storico dei Metalvox, Marco Tubertini. L’invito era per il 31/01/2020, il giorno del suo sessantesimo compleanno, ed era accompagnato da un libro giallo e da un messaggio che annunciava una grande sorpresa.

Durante la festa, Marco fece trovare a Gianni e Steve una grande teca di vetro: la sorpresa. Nella teca c’era la copia del master delle incisioni del 1982, che erano state conservate, all’insaputa di tutti, dal padre di Marco.

Le "pizze" originali delle registrazioni dell’album vennero quindi mandate nel Regno Unito per il restauro e la digitalizzazione e da queste, recuperate interamente, uscì una anteprima sulle piattaforme digitali con il nome "1982 (Appetizers)" nel marzo 2021; questa, che era costituita da frammenti che furono ritenuti troppo brevi dalle piattaforme di streaming, fu ritirata il 30/11/2021, per essere redistribuita nel marzo 2022, sempre in tre EP, ma con segmenti di durata maggiore. Nel novembre 2022 l'etichetta della band firma un nuovo contratto di distribuzione con DisWiz, determinando la ripubblicazione di tre EP nel corso del 2023, quattro singoli e quattro medley, poi finalmente vi fu la pubblicazione dell’intero album completamente rimissato come “1982”, il 12/12/2023; a maggio 2024 è uscita anche “Plastic” che, come anche “Shave Your Brain”, è un brano non incluso nell’album.

  • Recuperare i file audio di “1982” è stato un lavoro piuttosto faticoso: abbiamo dovuto convivere con oscillazioni di volume e di tono (nei punti dove l’ossido era degradato), fruscio del nastro, badilate di diafonia... visto che le tracce a nostra disposizione erano al tempo solo otto, poteva accadere di registrare più parti di strumenti diversi sulla stessa traccia. Ma siamo comunque molto contenti del risultato (Steve)

La situazione cambia completamente ad inizio 2025, con il ricongiungimento del batterista originario Catello Di Carlo (assieme alla sua Roland V-Drum nuova fiammante), che porta una sferzata di energia a Steve e Gianni i quali, sospendendo ogni altro progetto musicale, si dedicano completamente, assieme a Catello, alla rentrée a pieno regime dei Metalvox, sia per quanto riguarda la produzione storica sia per la produzione di brani nuovissimi. Si decide di riproporre la scaletta originale del gruppo aggiungendo alcuni brani di nuova produzione.

  • Vogliamo proporre uno spettacolo simile a quello di un tempo, curando anche l'aspetto visivo. Abbiamo cercato di mantenere alcuni suoni caratteristici, come l'uso di una coppia di sequencer assieme ad un suono di archi caratteristico, i suoni di alcune drum machine (BOSS DR-55 "Dr. Rhythm", ad esempio), una chitarra piuttosto grossa ed il basso suonato con la penna, spesso in primo piano. Però abbiamo anche aggiunto suoni nuovi e ci interessa molto l'idea di usare basso e chitarra come elementi di effetto e non necessariamente come componenti strutturali, favorendo invece tastiere e sequencer. Quello che proponiamo è certamente un viaggio nel tempo: per il pubblico è il ritorno di una visione forse distopica della realtà ma - come chiunque può constatare - anche estremamente realistica, mentre per noi è un viaggio nel futuro, il futuro "di una volta", la ripresa di un discorso che si è interrotto solo per riprendere con ancor più forza (Steve)

 

IL FUTURO

Nel 2025 la band ha a disposizione un project studio attrezzato, insonorizzato - e sorvegliatissimo, viste le esperienze precedenti. La scelta di un mixer digitale con fader motorizzati che agisce anche come interfaccia audio consente oggi alla band di risolvere tutti gli antichi problemi di sincronizzazione e stabilità di intonazione tipici dei sequencer analogici e di strutturare lo spettacolo live in modo molto più flessibile. La strumentazione è stata scelta accuratamente per consentire alla band di muoversi senza dover spostare tonnellate di materiale, e per realizzare soluzioni tecnologiche che permettono, mediante l’interazione dei musicisti con le macchine, di realizzare uno spettacolo moderno senza dover coinvolgere strumentisti esterni, conservando anche la spontaneità e consentendo perfino la improvvisazione live. Comunque il trio è aperto alla possibilità di stabilire collaborazioni con altri musicisti, che spesso sono ospitati nel nuovo studio.

  • Sono molto contento di quel che esce dal trio, siamo una ottima sezione ritmica. Infatti oltre ai brani del repertorio storico stiamo lavorando su materiale nuovo, perfino su brani che potremo proporre dal vivo senza alcun sequencer. Per noi l’improvvisazione è molto importante: grazie al fatto di poter registrare in multitraccia le improvvisazioni, da ogni incontro creativo nascono spunti per nuovi brani... (Steve)

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